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Documenti sanitari: la conservazione digitale a norma

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Approfondiamo nel nostro articolo tutti gli aspetti che legano i documenti sanitari e la conservazione digitale a norma

La conservazione digitale dei documenti, siano essi nativi analogici (e successivamente sottoposti a un processo di digitalizzazione) o nativi digitali, è un aspetto che impatta sia sul mondo privato sia sul mondo della Pubblica Amministrazione.

Tra i vari settori della Pubblica Amministrazione ve ne è uno su cui vale la pena soffermarsi. Si tratta di quello delle aziende sanitarie, costretto a rispondere alla normativa in materia di conservazione nella maniera più rigida possibile. Non si tratta certo di una sorpresa, vista la natura dei documenti trattati. Stiamo parlando, come è facile intuire, dei documenti sanitari.

Cercheremo di fornire una panoramica generale su come questi documenti debbano essere trattati,. Nel dettaglio analizzeremo la normativa di riferimento, il trattamento dei dati secondo il GDPR, la conservazione dei documenti.

La normativa

La base normativa alla quale bisogna fare riferimento riguarda sia norme che regolano la gestione e la conservazione dei documenti sanitari in quanto tali sia norme che, trasversalmente, regolano la gestione, formazione e conservazione dei documenti informatici (CAD, Linee Guida AgID).

Riguardo alle prime, le norme di riferimento sono sostanzialmente tre:

  • DM del 18 febbraio 1982. Art.5, nel quale si identifica in cinque anni il termine di conservazione della “documentazione inerente agli accertamenti effettuati nel corso delle visite” in merito ai certificati di idoneità sportiva;
  • Circolare n.900 del 19 dicembre 1986 del Ministero della Sanità, che stabilisce che “le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente, poiché rappresentano un atto ufficiale indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario“;
  • Decreto 14 febbraio 1997 del Ministero della Salute, che stabilisce le modalità e i tempi di conservazione dei documenti radiologici e di medicina nucleare

Documenti sanitari e GDPR: le disposizioni del Garante

I documenti sanitari possono tranquillamente essere considerati come una delle massime espressioni di quelli che sono i dati personali così come individuati dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

All’interno del GDPR i dati sanitari sono classificati come dati particolari. L’art. 4, n. 15 specifica che i dati relativi alla salute:

sono i dati personali attinenti alla salute fisica o mentale di una persona fisica, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano informazioni relative al suo stato di salute”.

Più in particolare, il Considerando 35 prevede che “nei dati personali relativi alla salute dovrebbero rientrare tutti i dati riguardanti lo stato di salute dell’interessato che rivelino informazioni connesse allo stato di salute fisica o mentale passata, presente o futura dello stesso. Questi comprendono […] qualsiasi informazione riguardante, ad esempio, una malattia, una disabilità, il rischio di malattie, l’anamnesi medica, i trattamenti clinici o lo stato fisiologico o biomedico dell’interessato”.

Sul tema è intervenuto lo stesso Garante per la protezione dei dati personali che, a marzo 2019, ha messo il Provvedimento n.55 che fornisce “chiarimenti sull’applicazione della disciplina per il trattamento dei dati relativi alla salute in ambito sanitario”.

Tutto questo ci fa capire quanto sia importante procedere ad un’attenta analisi, lato protezione dei dati. Soprattutto nel momento in cui ci si appresta al trattamento ed alla conservazione di questa particolare tipologia documentale.

Documenti sanitari: la conservazione digitale

Il Provvedimento pubblicato dal Garante sottolinea con una certa importanza la questione dei tempi di conservazione. Innanzitutto, va sottolineato come per le diverse tipologie di documenti sanitari sono previsti differenti tempi di conservazione. Per esempio:

  • la cartella clinica e relativi referti devono essere conservati illimitatamente;
  • la documentazione radiologica, secondo quanto previsto dal DM 14 febbraio 1997, deve essere suddivisa tra immagini radiologiche e referti radiologici. Queste due categorie seguono tempi di conservazione differente
    • immagini radiologiche: conservate per un periodo non inferiore a dieci anni;
    • referti radiologici: conservati per un tempo illimitato

Il Titolare del Trattamento, come riferisce il Garante, dovrà definire i tempi di conservazione anche in base alle finalità del trattamento. Risulta chiaro come la valutazione debba essere fatta caso per caso. Questo, ovviamente, in base al tipo di documento e dato sanitario al quale ci si trova davanti. Rispettando, inoltre, le disposizioni di privacy by design e by default previste dal GDPR.

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